- The hindu temple, Deification of Eroticism (EN)
- Le temple hindou, Architecture sacrée (FR)
- L’érotisme divinisé (FR) - ISBN : 2-268-04392-4
- Erotismul Divinizat (rumeno) ISBN: 973-86249-2-4
ISBN : 88-7031-932-6
Red Edizioni Como 2000
Textes réunis et traduits de “Le Temple Hindou” et “L’Erotisme Divinisé”.
Architettura e scultura del tempio indù. 128 p.
Archivio Attivo Arte Contemporanea: dal sito www.caldarelli.it
Dalla nota al testo di Francesco Paolo Campione
… Nella civiltà indù, la ricerca della congruenza simbolica fra il costruito e il complesso ideologico si è storicamente espressa a partire dall’affermazione del valore dell’uomo, in particolare, della sua capacità di porsi nell’universo come una presenza dinamica capace di mediare il dualismo fondamentale degli elementi attivi e passivi, dualismo che sta alla base del divenire delle cose. In quest’ottica, l’uomo è il punto di riferimento centrale di una sorta di tripartizione logica fondata sul concetto dell’equilibrio: l’elemento mediale che esprime nelle sue forme e nelle sue energie potenziali la natura del mondo, della quale costituisce, d’altra parte, l’esempio per eccellenza. Da un punto di vista antropologico, potremmo affermare che l’uomo, in quanto miniatura del cosmo, riassume in se la sacralità, e dunque la forza spirituale, del prototipo dal quale discende, offrendosi nel contempo alla cultura quale modello per l’elaborazione, sia concettuale sia pratica, di strutture artificiali. Si tratta di una sorta di ergonomia spirituale che esprime le sue valenze in un ampio spettro di manifestazioni…
Le fotografie riprodotte in questo libro sono quasi tutte di Raymond Burnier (1912-1968), che ha condiviso con Alain Danielou la passione per la civiltà indiana, contribuendo in modo fondamentale all’opera di studio e divulgazione a cui si è dedicato il grande orientalista. Nato a Losanna da antica famiglia benestante, Raymond Burnier poté viaggiare liberamente e dedicarsi alla fotografia, diventando un artista apprezzato a livello internazionale. Dalla metà degli anni Trenta, Burnier visse in India per circa vent’anni, esplorando un territorio spesso invaso dalla giungla, dove le rovine di splendidi templi giacevano coperte di vegetazione. Con pazienza e meticolosità, egli riportò alla _luce autentici tesori, che offrì all’ammirazione del mondo intero in splendide fotografie. Gli archivi Danielou e Burnier si trovano presso la Fondazione Cini di Venezia e il Musee de l’Elysee a Losanna.
Quando l’amore umano e terreno si fa ricerca dell’amore divino dal sito www.lapadania.com/2000/gennaio/05/050100p12a5.htm di Laura Rognoni
La fine di un millennio porta sicuramente l’uomo a interrogarsi sul senso della propria vita, e sul rapporto con gli altri. Così, mentre Celentano in televisione rinuncia ai regali di Natale a favore dei profughi e dei rifugiati, e molti predicatori abusano della parola amore, altri pensano sia il caso di recuperare prima di tutto il rapporto a due, di dare importanza alla persona che si ha al fianco, al compagno o alla compagna con la quale entrare in punta di piedi nel nuovo secolo, al partner con il quale ritrovare armonie stanche e dimenticati momenti di dolcezza.
A questo proposito, una lettura che può risultare piacevole e assieme stimolante è “L’erotismo divinizzato” di Alain Danielou (Red edizioni. Como 1999, lire 26.000), un viaggio illustrato nella cultura dell’India, dove il rapporto di coppia, anche a livello fisico, rispecchia l’unione degli dei e delle forze cosmiche. Le sculture “erotiche” che ornano molti templi indiani riflettono infatti complicate simbologie, ed hanno un valore sia educativo che artistico. Guardando le raffigurazioni di pietra degli dei, gli uomini si sentono trasportare in un mondo dove l’erotismo non è fine a se stesso, ma fa parte della grande forza cosmica che muove l’universo, ed è specchio fedele dell’amore divino. Questo messaggio è di grande importanza in un tempo malato come il nostro, dove il sesso è merce di scambio, come abbiamo potuto constatare dallo “scandalo” (ma c’è ancora qualcosa che ci scandalizza?) del mondo della moda, o in quello artificiale e numeroso delle discoteche, dove si uniscono solitudini per far passare il tempo o per accentuare l’effetto di droghe, dove si cercano emozioni sempre più forti. La partenza delle statue studiate da Danielou ci insegna invece che l’unione degli opposti seguendo il generale flusso armonico della vita dell’universo può essere davvero la strada maestra per cercare di trasfondere nell’amore umano una scintilla dell’amore divino.
Corpo divino: Da dove nasce la passione occidentale per la concezione hindù della sessualità? di E. Chiaia:
www.dweb.repubblica.it/archivio_d/2000/03/14/rubriche/sesso/320cor192320.html
Voi volete occuparvi di tutto quello che noi vogliamo distruggere”, disse un irritatissimo Nehru ad Alain Danielou, quando seppe che a Parigi, nel 1960, era uscito il saggio L’erotismo divinizzato – Architettura e scultura del tempio indù (Red Edizioni). Danielou, singolarissimo studioso, onorato e ricordato dalla Fondazione Cini di Venezia che gli dedica una sala, non si considerava uno scienziato, ma un testimone: convertitosi a 40 anni allo shivaismo, conosceva il sanscrito e l’hindi e studiava la musica indiana.
Ed è principalmente grazie a lui che l’occidente ha conosciuto e continua a coltivare un interesse sempre maggiore per la straordinaria visione hindù della sessualità. “Era desolato per l’atteggiamento prude dell’India moderna nei confronti della sessualità, emerso a poco a poco dopo le dominazioni musulmane e inglesi. E con passione diffondeva le sue conoscenze sullo shivaismo, convinto che proprio la sua visione della sessualità e la sua filosofia ecologica fossero la risposta a tanti problemi delle società moderne” racconta Jacques Cloarec. Suo collaboratore per 32 anni e dopo la sua morte, che è avvenuta 6 anni fa, curatore delle sue opere. Il culto di Shiva, nato nel 6000 a.C., ha conosciuto una tradizione ininterrotta ed è oggi praticato da circa 600 milioni di persone, soprattutto nelle caste popolari del Sud dell’India, ma anche in alcune zone montane del Nord. “Gli aspetti fondamentali di questa religione sono il culto del fallo – fonte di vita – e dell’unione dei contrari nell’atto sessuale. Immagine del principio creatore e divinizzazione del godimento erotico quale riflesso di beatitudine divina” scrive Danielou. “Secondo le profezie shivaite, l’unica speranza di sopravvivenza dell’umanità risiede nell’attuale sforzo per liberare la sessualità. Soltanto la venerazione del principio vitale e del suo simbolo, il fallo, potrebbe attirare la benedizione divina sugli uomini, minacciati dai fulmini celesti a causa di una civiltà la cui morale non persegue la felicità, la gioia e il piacere bensì le guerre, la repressione sessuale, l’ipocrisia, la persecuzione dell’amore”.
Molti templi shivaiti furono distrutti dai musulmani, ma quelli in siti abbandonati o protetti dalle foreste sono in parte sopravvissuti: i più importanti sono Bhuvaneshvar e Konarak nell’Orissa e Khajuraho nell’India centrale. Sono ricoperti di sculture che raffigurano atti erotici, dai più semplici (come baci e mani che scivolano sotto i vestiti) ai più complessi. E coinvolgono uomini, donne, bambini, animali. Il principio, ricorda Danielou, è che la sessualità non va evitata, bensì rispettata e onorata sino al giorno in cui non ne avremo più bisogno, e potremo quindi trascenderla