ALAIN DANIÉLOU TRA EUROPA E INDIA
Alain Daniélou nacque a Parigi il 4 ottobre 1907 ed e’ morto a Losanna il 27 gennaio 1994. Nel corso di una vita cosi’ lunga e intensa, soggiorno’ in molti paesi : la Francia e l’Italia, l’America settentrionale, l’Africa mediterranea, il vicino Oriente, l’Indonesia, la Cina e il Giappone lo ospitarono per non brevi soggiorni ; ma Daniélou visse solamente in India.
Ritornato dopo vent’anni in Occidente, continuo’ a vivere in India e dell’India.
Analogamente, egli ebbe occasione di conoscere personaggi di grande rilievo culturale, con cui si misuro’ e con cui intrattenne rapporti di profonda sintonia intellettuale : Igor Stravinskij, Jean Cocteau, André Gide, Benedetto Croce, Paul Valery, Nicolas Nabokov, Romain Roland. Ma in tutta la sua vita Daniélou ebbe un solo incontro determinante : quello con lo Svami Hariharanand Sarasvati, conosciuto come Karpatriji, “l’asceta che si ciba di cio’ che contiene il solo palmo della mano”. L’essenziale, l’asciutto, il severo samnyasin indiano colpi’ profondamente Daniélou trasformandolo interiormente e condizionando definitivamente ogni sua futura scelta. La metanoia che si produsse nella stessa natura di quel francese colto e sensibile fondo’ granitiche convinzioni, incrollabili decisioni, adamantine sottigliezze intellettuali. L’adesione allo shivaismo e alla dottrina tantrico-vedantica si formalizzarono quando il grande asceta accolse il Nostro come discepolo. A Benares, per quindici anni la frequentazione quotidiana del guru condusse Daniélou a sondare l’oceano della conoscenza piu’ rarefatta, nella sua vastita’ e profondita’.
Egli divenne il portavoce di Karpatriji per i non hindu, il traduttore, l’interprete, il rappresentante. Con passione Daniélou affianco’ il guru anche nella sua misteriosa parentesi politica, quando sembro’ che l’India stesse per eleggere lo Svami a primo ministro. Nel 1954, per ragioni che Daniélou non vole mai chiarire, abbandono’ Benares e il suo maestro alla volta di Madras, dove rimase pochi anni, per tornare infine in Occidente. Il marchio indelebile del maestro continuo’ a bruciare il suo spirito per tutti questi anni, ispirandolo nei suoi scritti e nelle sue imprese. Il contatto, a partire dal 1954, si mantenne grazie a un fitto carteggio che, dopo la morte del maestro, continuo’ con altri samnyasin di Benares, suoi condiscepoli.
Alain Daniélou fu un grande musicologo, un artiste riconosciuto, un fondatore e organizzatore abile di istituzioni culturali, tra le quali spicca l’Istituto lnterculturale di Studi Musicali Comparati di Venezia. Inoltre fu anche un indologo insigne, profonde conoscitore com’era del pensiero indiano, buon sanscritista e ottimo traduttore dallo hindi. Tuttavia alcuni indologi hanno rilevato in lui qualche atteggiamento ascientifico, qualche coinvolgimento emotivo, qualche disinvoltura metodologica. Esaminando liberamente la sua opera, pero’, agli animi limpidi Daniélou non appare come un indologo eterodosso, ma bensi’ come un ricercatore dell’interiorita’, un questuante della verita’, un pellegrino dell’assoluto, insofferente di tutti i ceppi che vincolano la comprensione, ribelle alla burocrazia dell’erudizione, coraggioso sostenitore dell’universale contro lo specialistico. Non si puo’ restare indifferenti all’appassionata rivalutazione culturale del politeismo che e’ intrinseca nel suo “Miti e dei dell’India” (Red, Como 1996). Anche “Storia dell’India” (Astrolabio, Roma 1984/1992) – che tanti strali ha attirato sul suo autore per l’anticonformismo con cui vi e’ trattata la figura di Gandhi, e’ un libro che apre frontiere vaste come la storia del mondo, da cui traspare un’India solenne, immutabile ed eterna circondata da paesi frenetici ed effimeri. ln “Siva e Dioniso – La religione della Natura e dell’Eros Dalla preistoria all’avenire” (Astrolabio, Roma 1980) la comparazione si sviluppa nel’affresco di una grande religione arcaica, unificante nel suo seno tutti i popoli di quela preistoria che si confonde con l’Eta’ dell’oro. E ovunque, nell’alterno rincorrersi di Eros e Thanatos, troneggia costante la maesta’ dell’India contemplativa e sapienziale. lndologia vissuta, dunque, digerita, trasformata in sangue circolante nelle arterie di un poeta sorridente, sereno e coraggioso.
Traduzione: Giangiuseppe Filippi
Data: Venezia Agosto 1994
Sorgente: Universita’ degli Studi di Venezia – Programma di un concerto di musica e canto indiani in memoria di Alain Daniélou