Open/Close Menu Alain Daniélou Sito ufficiale

ÉDITO

ALAIN DANIELOU ET LE MAHATMA

Alain DaniélouAlain Daniélou è stato più volte criticato e ingiustamente rimproverato per la sua visione alquanto aspra di una delle icone più prestigiose dell’India moderna, il Mahatma Gandhi, del quale ha parlato più o meno estesamente in moltissimi suoi lavori, vale a dire la sua autobiografia, Storia dell’India, Astrolabio Roma, 1992; la Via del Labirinto, Casadei, Padova 2004; e in un articolo pubblicato nella rivista francese Historia (Avril 1983) con il titolo “Le Prince et les Trois Larrons” (The Prince and the Three Thieves), che potrebbe essere meno noto al lettore di lingua italiana.
Il giornalista Joseph Lelyveld, vincitore di un Premio Pulitzer, ha pubblicato recentemente lo studio “Great Soul: Mahatma Gandhi and His Struggle with India” (Alfred A. Knopf, New York, 2011), col quale ha ottenuto grande attenzione ed ha fatto molto scalpore in rete per le sue rivelazioni sulla figura di Gandhi, non del tutto in armonia con l’immagine classica e ortodossa del Padre dell’India Moderna. Il ritratto delineato da Lelyveld, conferma inoltre compiutamente l’immagine negativa rappresentata decenni prima da Daniélou. Il punto di vista di Daniélou su Gandhi può essere chiarito da un estratto da Storia dell’India , p.292: “(…)enigmatico, ascetico ed astuto, devoto ed ambizioso – uno di quei guru che sembrano esercitare un incredibile magnetismo sulle folle e che spesso le portano alla rovina. (…) Fu praticamente con lui sole che il governo britannico decise del’avvenire dell’India, il più disastroso che si potesse immaginare, dal momento che si arrivo alla divisione del paese, auno dei più grandi massacri della storia, all’eliminazione del sistema sociale e della cultura tradizionale, alla soppressione delle caste dei principi, al genocidio delle tribù primitive,alla rovina delle caste artigianiali e alla loro trasformazione in un miserabile proletariato. Tutto cio presentato come un progresso.”
E da La Via del Labirinto, p.205: “(…) si faceva ogni giorno massaggiare les gambe da alcuni giovane e voleva che una di loro gli restasse sempre a dormire accanto, per mettere ancor più alla prova la sua castità.” Questa testimonianza è stata confermata estesamente nell’ op.cit. di Lelyveld, pag. 303-­‐307: “La perfezione era raggiunta se l’anziano signore e la giovane donna indossavano il minor vestiario possibile, preferibilmente nulla, e se nessuno dei due provava la benché minima eccitazione sessuale.

Un brahmachari perfetto, scrisse più tardi (Gandhi) in una lettera, dovrebbe essere ‘capace di giacere nudo con donne nude, per quanto belle possano essere, senza subire in alcun modo il minimo eccitamento sessuale.” Lo smisurato egotismo di Gandhi corrompe l’immaginazione con la sua completa mancanza di riguardo nei confronti della donna, vista esclusivamente come mero strumento. La sua condotta era ben nota nel suo ambiente e dava adito alle critiche. “Nirmal Bose, (…) l’interprete Bengali di Gandhi, al principio si astenne dall’esprimere giudizi, ma la sua lealtà fu gradualmente messa a dura prova dall’osservazione delle modalità in cui Gandhi gestiva e manipolava le oscillazioni emozionali all’interno del suo entourage (…) ‘Dopo una vita di ininterrotta brahmacharya, scrive Bose nel suo diario, è diventato incapace di comprendere i problemi d’amore o quelli sessuali così come sono vissuti comunemente dagli esseri umani.’ ” (p.307)
Nonostante facesse parte della casta dei Bania (mercanti), Gandhi fu mandato a Londra per studiare Legge ma, smanioso di entrare in politica, si trasferì in Sud Africa. Non era ancora la figura iconica vestita con un modesto perizoma come divenne in seguito al suo rientro in India, ma un avvocato praticante e ben vestito che aveva abbracciato la causa dei lavoratori salariati dell’India ispirato dalle teorie del socialismo romantico di Tolstoj e Ruskin. Per quel che concerne l’idea delle razze di Gandhi, Lelyveld è illuminante. Per Gandhi, l’uguaglianza significava l’assimilazione dei lavoratori Indiani ai bianchi e non ai ‘Kaffir’, i quali sono “normalmente incivili (…). Sono fastidiosi, molto sporchi e vivono quasi come animali” (op. cit. p.54). E poi ancora, “Noi crediamo nella purezza delle razze così come pensiamo facciano loro (i bianchi)” (op. cit. p.58). Questi commenti parlano da soli. Quella che invece apparirà a molti come una vera e propria rivelazione è la strana relazione che Gandhi intrattenne in Sud Africa con l’architetto ebreo-­‐tedesco Hermann Kallenbach, “la più intima, nonché ambigua relazione di tutta la sua vita (…) Non fu un segreto né allora né più tardi che lasciando sua moglie, Gandhi fosse andato a vivere con un uomo” (op. cit. p.88). Una descrizione più articolata si può trovare tra le pagine 88-­‐97 dell’opera di Lelyveld. Ad ogni modo, sembra che alla fine della sua vita, Gandhi provasse una sorta di sfiducia in se stesso e, “parlando con un professore Americano nei primi giorni dell’indipendenza, considerava come la sua carriera fosse stata fondata fin dal principio su di una ‘illusione’ ” (Lelyveld, op. cit. p.327). Milioni di persone pagarono a caro prezzo per quella ‘illusione’ durante i massacri che precedettero e seguirono la divisione del paese. Ancora più triste è la considerazione che la divisione stessa e le violenze che ne seguirono avrebbero potuto essere evitate facendo a meno della perniciosa influenza di Gandhi e dei suoi accoliti Jinnah e Nehru, entrambi educati in Occidente. Furono sintomatiche le dimissioni di Rabindranath Tagore e la rinuncia di altri esponenti moderati dal Congress Party, quando Gandhi ne divenne il leader (Storia dell’ India, pp.293-­‐295).

I “Tre Ladroni” furono i primi responsabili del ritiro precipitoso dei Britannici dall’India e del loro appoggio alla creazione del Pakistan Orientale e Occidentale, assecondando le richieste di Jinnah, con tutte le orribili e disastrose conseguenze. Questa conferma della veridicità e della perspicacia delle testimonianze di Alain Daniélou sul Mahatma, a dispetto delle tante obiezioni ‘politiche’, rinnova la fiducia nelle sue opinioni, che nel mondo contemporaneo restano controcorrente rispetto al giudizio prevalente.

Di Ken Hurry
Traduzione di Pietro Faiella.

ACTUALITÉS

AUDITORIUM PARCO DELLA MUSICA
Fondazione Musica per Roma

Martedì 18/10/2011
Teatro Studio, ore 21
Acquista

Ambasciata Indiana, Ambasciata Bangladesh, Fondazione Harsharan, in collaborazione con Fondazione Musica per Roma

Omaggio a Tagore
150°Anniversario della nascita

Dell’Amore e del Destino
I canti di Tagore nella trascrizione di Alain Daniélou

Biglietti: Posto unico: 15.00 euro
Biglietteria 892982

Riduzioni: Parco della Musica Card, giovani fino a 26 anni, over 65 anni, American Express, Feltrinelli, Carta Per Due, Interclub, ACI, Bibliocard, Carta Giovani, CTS e cral convenzionati

Alain Daniélou - Tagoremusiche originali Rabindranath Tagore
nella trascrizione di Alain Danielou
cantante Francesca Cassio
pianoforte Ugo Bonessi
voce narrante Giuseppe Cederna
regia Pietro Faiella
traduzioni Mario Prayer, Giulia Gatti
produzione Centro Studi Alain Daniélou, Fondazione Harsharan

Celebrato quest’anno dall’India e dall’UNESCO quale voce di un nuovo umanesimo universale, il poeta indiano Rabindranath Tagore fu premio Nobel per la letteratura nel 1913. Tagore componeva spesso le sue liriche articolandole su melodie della tradizione classica indiana, i raga. Nel 1932 il Poeta chiede all’amico Alain Daniélou, indianista e musicologo francese di frequente ospite a Shantiniketan, di trascrivere alcuni canti nella forma del lied per pianoforte e voce. La scelta cade su diciotto brani che seguono idealmente tre fasi della vita: giovinezza e amore, maturità e impegno sociale e, infine, la dissoluzione nell’universale. Questa minuziosa opera di traduzione e arrangiamento musicale è durata oltre cinquant’anni. La Fondazione Harsharan – Centro Studi Alain Daniélou ha commissionato la prima interpretazione al mondo di queste partiture alla cantante di musica classica indiana Francesca Cassio e al pianista Ugo Bonessi, e ne ha prodotto due CD insieme alla Visva Bharati University di Shantiniketan. In scena, i canti più persuasivi e una drammaturgia di frammenti letterari incarnati dalla voce narrante di Giuseppe Cederna a rivelare le azioni del destino e dell’amore che tutto muta e trasforma, celebrando con superba bellezza la creazione originaria della poesia orale. Voce solitaria, timbrica del pianoforte, racconto recitato e circolarità del liuto indiano tanpura, nel desiderio di cogliere il miracolo, l’erotismo e l’offerta di beatitudine della poesia.

Pietro Faiella.

ÉVÈNEMENTS

Hommage a Rabindranath Tagore

50 anni a colle labirinto:
Domenica 18 Settembre 2011 sono stati celebrati a Zagarolo (Roma), i 50 anni di vita della Fondazione Harsharan – Centro Studi Alain Danielou, creata da Alain Danielou in memoria dellʼamico fotografo svizzero Raymond Burnier.

La giornata commemorativa 50 Anni a Colle Labirinto è stata organizzata dalla Fondazione Harsharan insieme al Comune di Zagarolo e allʼIstituzione Palazzo Rospigliosi con la partecipazione ed il patrocinio dellʼAmbasciata Indiana in Italia e della Provincia di Roma.

Dopo una visita pomeridiana al Centro Studi Alain Danielou, sede italiana della Fondazione Harsharan, una cinquantina di invitati provenienti da Roma e da diverse altre parti del mondo si sono recati al centro della cittadina di Zagarolo a Palazzo Rospigliosi, nella cui Aula Consiliare, insolitamente corredata di bandiera indiana e bretone accanto alle più usuali italiana, europea e zagarolese, si è tenuto un saluto pubblico delle autorità: Giovanni Paniccia (Sindaco di Zagarolo), Rajesh Kumar Agnihotri (Primo Consigliere dellʼAmbasciata Indiana), Jacques Cloarec (Procuratore Generale della Fondazione Harsharan), introdotti da Marcello Mariani (Presidente Istituzione Palazzo Rospigliosi).

Dopo che i rappresentanti delle singole istituzioni hanno omaggiato la figura di Danielou ed espresso impegno a garantire un futuro di proficue collaborazioni, il saluto si è chiuso con un ricordo commosso e divertito di Jacques Cloarec, che ha illustrato la genesi e lo sviluppo delle attività della Fondazione, sino a delinearne i principali fronti di attività odierna.
È stata poi inaugurata lʼesposizione “DallʼIndia a Colle Labirinto”, un percorso suddiviso in tre momenti tematici nelle meravigliose sale affrescate di Palazzo Rospigliosi. Una sessantina di scatti di Alain Danielou, Raymond Burnier e Jacques Cloarec, che formavano un racconto storico dellʼinsediamento di Danielou in India prima, delle sue ricerche sul territorio sui musicisti e danzatori indiani poi, ed infine delle numerose personalità che hanno frequentato il Centro di Colle Labirinto nellʼarco di questi cinquantʼanni.
Terminato il buffet nelle sale centrali, un pubblico di circa 160 persone ha calorosamente accolto la performance di musica e danza bharata natyam del celebre danzatore indiano Raghunath Manet, accompagnato dalle tabla di Ahmed Khan Latif e nelle danze da Therese Mercy Flassayer e Nivita Bergen. Lʼartista, che ha portato in scena un repertorio coreografico basato sulle antiche danze del tempio di Tanjore, ha deliziato i presenti avvalendosi anche di un sapiente impiego della vina, sostenuto da un canto intenso e misurato.
Una splendida giornata per festeggiare il cinquantesimo anniversario di una ormai storica Fondazione che, con serena fiducia, si sta predispospenendo ad una ulteriore consolidamento strutturale, e pianificazione del proprio futuro.

Riccardo Biadene.
Foto : Mario D’Angelo foto : Mario D’Angelo
Foto : Mario D’Angelo Foto : Mario D’Angelo fotos : Mario D’Angelo
Foto : Mario D’Angelo foto : Mario D’Angelo

ALBUMS

Mezzo secolo a Colle Labirinto – Zagarolo

L’indianista e musicologo Alain Daniélou, dopo aver passato quasi 20 anni in India, trova per il suo amico fotografo svizzero Raymond Burnier una grande proprietà di 11 ettari sul Colle Labirinto, ove andrà ad abitare nel 1958. Burnier ha appena divorziato e la moglie chiede di mantenere il suo nome. Lei diventerà presidente internazionale della Società Teosofica, che dirige tutt’ora.
A quest’epoca Daniélou e Burnier incontrano Angelo Frontoni ed è grazie a loro che egli diventa fotografo, dopo essersi trasferito a Colle Santa Teresa (già Colle di Pietra Ficcata) all’inizio degli anni ’60. Questa la dedica che Frontoni scrive in uno dei suoi libri :
“A Raymond Burnier e Alain Daniélou, che per primi nel lontano 1956 intuirono la mia vocazione per la fotografia e mi aiutarono a farla diventare una passione.”
Nel 1960 Alain Daniélou compra due piccole case lì accanto, poste su un terreno ben più ridotto. Le abiterà davvero solo a partire dal 1980 quando andrà in pensione, lasciando gli istituti di musica che aveva fondato a Venezia e a Berlino.

Durante il 1961 ha qui luogo una riunione del Consiglio Internazionale della Musica, organizzazione non governativa dell’UNESCO, cui partecipano tra gli altri musicologi Giorgio Nataletti, venuto dal vicino paese Gallicano, Peter Crossley-­‐Holland, Jack Bornoff, Charles Duvelle e Narayana Menon.
A partire da questa data le case vengono utilizzate congiuntamente e si ingrandiscono anno dopo anno sino a formare un bell’insieme residenziale dove molte personalità verranno in visita per fermarsi a lavorare, scrivere, comporre, dipingere. Nelle pagine di quest’album fotografico si ritrovano molti di costoro, benché non sia stato possibile menzionarli tutti né ritrovare documenti iconografici di mezzo secolo fa. Ci dispiace ad esempio non aver rintracciato alcuna foto di Pierre Gaxotte, storico e membro della prestigiosa Accademia Francese, che fu ospite consueto negli anni ’60 e ’70, né di Umberto Bindi, presente ad alcuni dei concerti privati organizzati a Colle Labirinto. E neppure di Augusto Verginelli, dottore di Alain Daniélou dagli anni ’60. Lunghe e pacifiche discussioni li avvicinavano malgrado le loro divergenze, l’uno esprimendo il proprio monoteismo, l’altro il proprio politeismo.
Raymond Burnier muore a Zagarolo nel 1968 ed è sepolto nel cimitero del paese. Daniélou, che eredita una parte dei suoi beni, ingrandisce la proprietà e la cede alla fondazione svizzera che ha appena creato con il nome indiano del suo amico. La Fondazione Harsharan -­‐ Centro Studi Alain Daniélou prima sotto la sua direzione, poi, dopo la sua morte nel 1994, sotto la mia, continua da allora un’intensa attività mantenendo i contatti con molteplici istituzioni, in particolare con l’Unesco, il Consiglio Internazionale della Musica, gli Istituti di Musica Comparata di Berlino e Venezia, la Fondazione Giorgio Cini di Venezia, la Casa Asia di Barcellona, e il Museo della Fotografia di Losanna.
Mentre gli archivi audio sono stati donati alla Casa Asia di Barcellona, e gran parte della biblioteca alla Fondazione Giorgio Cini, il Centro Studi Alain Danielou di Zagarolo conserva la corrispondenza di Daniélou, i manoscritti di suoi numerosi libri, un fondo fotografico Burnier-­‐Daniélou-­‐ Cloarec, più di 500 testi di articoli e conferenze. Negli ultimi 20 anni numerosi concerti privati sono stati organizzati al Centro di Zagarolo. Tra i molti interpreti, il pianista Emanuele Torquati, il chitarrista Hans-­‐ Jurgen Gerung, il compositore Sylvano Bussotti, la cantante Francesca Cassio, il pianista Ugo Bonessi, il danzatore Raghunath Manet, il suonatore di sarod Patrick Mac Avoy hanno onorato il nostro centro.
Nel 1998 il consiglio comunale del paese, presieduto da Sandro Vallerotonda, decide di intitolare una delle strade che portano alla proprietà ‘Via Alain Daniélou, indianista e musicologo’.

Per l’occasione una splendida serata viene organizzata a Palazzo Rospigliosi con la partecipazione della signora Rossella Falk e del principe Mirwais, venuto in rappresentanza del padre Zahir, re d’Afghanistan. Nel 2007, in occasione della manifestazione commemorativa India -­‐ Divina Sensualità per il 100esimo anniversario della nascita di Alain Daniélou, sono stati organizzati concerti, spettacoli di danza, esposizioni, presentazioni e conferenze in 19 città di 7 diversi paesi, tra cui Delhi, Parigi, Roma, Berlino, Barcellona, Los Angeles, Venezia e Torino. E naturalmente anche a Palazzo Rospigliosi di Zagarolo ove, grazie alla collaborazione del comune e del sindaco Daniele Leodori, sono stati presentati due spettacoli di danza e musica indiana e un’ esposizione fotografica che raccoglieva la maggior parte delle foto riunite in questo album.

Dopo questo anno di impegno intensivo il Centro Studi Alain Daniélou ha ridotto le sue attività, ma degne di consistente rilievo restano le registrazioni delle musiche di Tagore, realizzate nella sede di Colle Labirinto grazie al pianoforte originale di Daniélou, la produzione dei CD, di alcuni concerti e spettacoli a Delhi, Kolkata, Dakka, Roma, Torino, Padova, Longiano e Zagarolo, e un’esposizione di fotografie dal titolo Musiche e ritmi dell’India tradizionale, che nel 2010 ha riscosso a Padova ampio afflusso di pubblico e ottime recensioni.
Per i prossimi anni il Centro prevede principalmente la catalogazione degli archivi e la realizzazione dei libri di Alain Daniélou in formato e-­‐book; a ciò si accompagnerà occasionale sostegno a concerti ed esposizioni di tema indiano ritenuti meritori, ed una più assidua opera di raccolta e recupero di documenti audio e video relativi ad Alain Daniélou.
Si troverà alla fine di quest’album la lista delle opere pubblicate in lingua italiana e maggiori informazioni sulla vita e le opere di Alain Daniélou sono disponibili sul sito web www.alaindanielou.org.
Quest’ album fotografico è stato realizzato per il 50esimo anniversario della residenza di Colle Labirinto e per divulgare ulteriormente le attività del nostro Centro e della Fondazione Harsharan.

Alain Daniélou and Dance (1927-­‐1937)

Quest’album fotografico può essere acquistato attraverso il nostro sito internet www.alaindanielou.org sotto la voce “Boutique” . In caso di mancata consegna entro 20 giorni, contattare info@alaindanielou.org, Fax 00 33 (0) 9 55 48 33 60, Segreteria Telefonica : 00 33 (0) 9 50 48 33 60

Alain Daniélou and Dance (1927-­‐1937)

With a view to preserving these old photos and revealing a little-­‐known side of Alain Daniélou – his career as a dancer in the ’thirties -­‐, the Alain Daniélou Study Centre has produced this album, which brings to life part of his artistic life prior to his departure for India, where he would dance for the poet Rabindranath Tagore.

Once settled in Benares in 1937, he abandoned dance to study Indian music, learning to play the Vina, before devoting himself to Hindu tradition, culture and philosophy.

In 1994, his friend, the composer Sylvano Bussotti took an interest in the music composed by Alain Daniélou in his youth, and published a small collection “Quatre danses d’Alain”, which he completed. These dances have been performed by the artist Toni Candeloro, and by others.

Alain Daniélou Study Centre, April 2011

GALERIE

Alain Daniélou Florence 1982, Aquarelle.

Alain Daniélou
Florence 1982,
Aquarelle.

 

FESTIVAL

– Cari artisti e collaboratori del Festival Divinamente,

Volevamo comunicarvi che sul sito di Divinamente Roma www.divinamente.info , potrete trovare i due video della manifestazione (Roma e New York)
Un saluto cordiale

Pamela Villoresi
Eva Pogany
Emanuela Tomassetti
Grazia Lorusso

ARTICLES

– Il Gazzettino.it

Domenica omaggio a Tagore al Portello
Scalinata, festa per il restauro

Venerdì 22 Luglio 2011,

(Al.Rod.) Torna a splendere la “seconda scalinata” di porta Portello. Dopo la mesi di restauri, torna all’antica bellezza la scalinata che si affaccia sulla porta ad ovest del ponte (direzione piazzale Boschetti). Per celebrare “l’evento” domenica alle 22 si terrà una cerimonia a cui parteciperanno l’assessore all’Edilizia monumentale Luisa Boldrin e l’assessore alla Cultura Andrea Colasio. A seguire, le atmosfere indiane del concerto del duo Cassio -­‐ Bonessi che coronerà la manifestazione “Omaggio a Tagore”. Omaggio che avrà inizio sabato con una notte intera di danza e musica indiana sulla Zattera di Porta Portello. Francesca Cassio, celebre cantante e studiosa della tradizione indiana classica, e il pianista Ugo Bonessi, saranno interpreti di “Canzoni d’Amore e Destino”, una raccolta appunto di canti di Rabindranath Tagore. Si tratta di liriche in forma di lied, qui proposte nella trascrizione per voce e pianoforte curata dal musicologo francese Alain Danielou, amico e collaboratore di Tagore. La semplicità e il lirismo delle melodie di questo repertorio vengono sublimati attraverso le armonie di sostegno che Danielou ha sapientemente elaborato. Il concerto è stato presentato con successo in India nel 2008 e nel 2009, con il patrocinio dell’Istituto Italiano di Cultura e l’Ambasciata d’Italia a New Delhi, e in Bangladesh nel 2009 e nel 2010 con il patrocinio dell’Ambasciata italiana a Dhaka. Il progetto è stato realizzato in tre anni di lavoro sulle versioni originali bengalesi, e sui manoscritti di Danielou.

I “Canti di Amore e Destino” sono stati pubblicati nel 2009 e nel 2010 dall’etichetta Questz World con il Patrocinio della Visva Bharati University di Shantiniketan (India), la Fondazione Harsharan (Svizzera-­‐Italia). Celebrato quest’anno anche dall’Unesco quale voce di un nuovo umanesimo universale, Rabindranath Tagore fu buon amico di Alain Danielou; lo ospitò numerose volte all’Università di Shantiniketan e gli chiese di trascrivere alcuni dei suoi canti in una veste musicale adattata per il pubblico occidentale.

L’autodidatta che insegne il mistero Picasso.
Il pittore Paolo Albertelli, di Lavagna, si racconta tra spunti orientali e visioni cristiane arcaiche.

Maria Vittoria Cascino

Maria Vittoria Cascino Un antieroe moderno cresciuto ad arte e teologia che rinnega i suoi “ contemporanei” e guarda all’oriente per una pittura-­‐ponte tra Europa e India, “libera da quell’Occidente cristianissimo che annaspa nel moralismo”. Strano soggetto di pittore questo Paolo Albertelli da Lavagna, fisic du role del consumato da tensione artistica maturata in stanze vuote, forse senza tempo in questo tempo nostro, ma folle di passione per quello che ci siamo persi in tanta secolarizzazione. E seduto al bar, le mane lunghe, allacciate e impacciate; sta preparando una “cosa controcorrente”, freme ed è frenato, difficile raccontarla tra Oriente e Occidente, tra Dio e dei. A mescolar colori e pennellate inizia a 15 anni, ritrae il padre e poi Vittorio G. Rossi che autografa la tela. Ma il lavoro su volti maschili si declina al femminile. Albertelli ritrae ossessivamente visi di donne “per entrare nel mistero di quella bellezza – ti confesso – E qui che si manifesta Apollo “. Autodidatta all’eccesso, molla il ritratto e va a bottega da Altmann; vuole uscire dal figurativo per arrivare all’ arte contemporanea, al mistero – Picasso: “Non so cosa faro da grande – spalancando gli occhi – ma vorrei usare la pittura per veicolare un messaggio esoterico, nel senso di trasparenza di un mondo più sottile, e spirituale, fonte di contenuti che ci elevino”. Sente forte il messaggio del Cristo, “ma non chiamerei Cristianesimo quello che è accaduto dopo di Lui. Lo definirei Paolinismo perché e stato secolarizzato un messaggio dell’altro mondo”. Laureato in lettere, due anni di teologia che gli hanno lasciato l’insofferenza per S paolo, si butta sul politeismo indiano e sceglie Alain Daniélou e la ricerca della trascendenza attraverso le vie offerte dal “mondo indo-­‐ mediterraneo protostorico”: una religione dionisiaca originaria dove l’eros è imbevuto d’eternità. Eppure ti sembra un po’ Antonio Ligabue coi suoi fantasmi vuole aprire una breccia nel silenzio in cui boccheggiamo: “Basta il mio cerino su un mondo dimenticato – sussurra pacato – è l’accesso ad una visione politeista arcaica dove troviamo il recupero di una conoscenza erotica e quindi vitale, premorale; una sacralizzazione dei simboli del maschile e femminile”.

Cerca “un’arte che tendi di raffigurare o fornire supporto visivo a questo, per noi, inaudito concettuale”. Ragionamento spesso e neanche tanto avulso dalla cronaca stretta. Focalizzi, lui coglie che hai colto e infiora: “ La stanchezza di oggi deriva da quella sorta prigione in cui ci siamo relegati e lo stesso Claudio Risé ha denunciato questo autolesionismo maschile: valorizzare la donna non deve portare ad uno svirilimento. Il fallo non è appendice, ma segno eterno, è fenomeno psicologico e simbolico di oblazione”. Scollamento dalla materia stretta che riempie pagine patinate e non? Macchè, l’Albertelli, innocente nell’accezione pasoliniana, fluttua su un livello altro: “ Mentre i miei contemporanei eros è una realtà edonistica o affettivo -­‐ riproduttiva, io lo percepisco e lo rivendico come un soffio divino legato alla conoscenza o come elemento primo di civiltà”. Ecco la sua “ cosa controcorrente”cha apre ai templi indiani di Khajuraho: “Prima della morale c’era la conoscenza. Nei templi di Afrodite ed Eros, che non erano bordelli, si testimonia una conoscenza di tipo spirituale dell’eros che nei moderni è andata perduta perché ci siamo caricati di sovrastrutture e tutto si legge solo nei termini della morale”. E l’arte che Albertelli vive come liberazione: “ Tolkien diceva di non confondere la diserzione del soldato con la fuga del prigioniero”. Ti guarda, ma è già là: “ O ne resti moralmente allucinato o fai il grande salto”. Quello che fisserà sulle tele, nelle stanze dilatate della sua ricerca.

Il Giornale, 14/05/2011.
Alain daniélou da Paolo Albertelli Alain daniélou da Paolo Albertelli